Der heart
Il calore del maso
La stufa era spenta, ma la stube era calda. Maria lo capì appena entrata: l’aria non le morse le guance, il silenzio non era vuoto. Sembrava che qualcuno fosse appena uscito. Il tegame era appoggiato sul focolare, ma non c’era nessun profumo di zuppa, nessun rumore di mestoli, nessuna voce. Solo quel calore, sospeso, come una sorta di presenza.
Il maso della sua infanzia era chiuso da anni. Eppure, quella mattina, sembrava pieno di vita. Le appariva più piccolo, più piegato, ma era ancora in piedi. Le pareti annerite, le pietre del pavimento consumate, la vecchia panca di legno graffiata: tutto era come lo ricordava. E lei sentiva che il focolare, der heart, era vivo. Non spento, non dimenticato. Vivo.
Si avvicinò alla stufa e pensò a sua madre, a sua nonna, alle donne che avevano cucinato lì, insieme, con le mani svelte e le bocche piene di storie. Sul tavolo, una candela consumata e un quaderno con la copertina di stoffa. Dentro, ricette scritte in mòcheno: miasl pet pfifferleng, panada, kròpfen, trisa, lemonpai. Ogni piatto raccontava un pezzo di mondo. Sua madre lo diceva sempre che cucinare era come parlare: se usi le parole giuste, scaldi il cuore.
Le tornò alla mente una vecchia foto di famiglia: due donne nella stube, una in piedi con il grembiule annodato, l’altra seduta accanto al focolare, le mani ferme sul grembo. Erano la mamma e la nonna. Ridevano piano, mentre mescolavano la farina di segale con quella bianca. Cucinare non era solo nutrirsi. Era stare insieme. Era tramandare.
In quel maso, ogni luogo ha un nome: s haus, la cucina, dove si preparavano piatti semplici per i pasti di tutti i giorni; der kèlder, la cantina, per conservare i cibi per lunghi periodi; der gòrtn, l’orto, dove la nonna coltivava insalate, zucchine, rape rosse, verze e fagioli. Ogni angolo era un gesto, ogni oggetto una storia. E il fuoco era il simbolo del legame tra le persone.
Fuori, la neve smise di cadere. E dentro, sulla parete, tra le ombre, qualcosa si mosse. Forse era solo un riflesso. O forse no.
Maria non si voltò. Restò lì, con le mani appoggiate sulle ginocchia e il cuore che, per la prima volta dopo anni, batteva di nuovo al ritmo del fuoco.
In mòcheno der heart, così simile nella radice alla parola das Herz (cuore in tedesco) e heart (in inglese), significa “il focolare”, ma non è solo una parola. È il cuore della casa, il punto da cui tutto parte e a cui tutto ritorna. Nella cultura mòchena, il fuoco non serve soltanto a scaldare: tiene unita la famiglia, custodisce le voci di chi non c’è più, illumina la lingua che ancora vive tra le mura del maso. Ogni volta che qualcuno pronuncia der heart, riaccende quel legame antico tra le persone e la loro terra. È una parola che parla di calore, di presenza, di appartenenza. Racconta un modo di essere comunità: semplice, concreto, profondo. Perché nel cuore del maso, come nella lingua mòchena, il fuoco non si spegne mai — continua a bruciare piano, sotto la cenere, tenendo viva la memoria di chi siamo.