Muretti a secco

Nelle mani e nelle pietre

Niente è più solido della pietra. Garanzia di stabilità, punto fisso nel tempo e nello spazio. Sui pendii scoscesi delle valli trentine, mani abili e pazienti hanno trovato nella tecnica del muretto a secco una strategia tanto antica quanto visionaria — una tecnologia silenziosa, capace di dialogare con le asperità del territorio, assecondandole e valorizzandole.

Un’ingegneria e un’agricoltura ingegnose, sviluppate in armonia con i materiali e la morfologia delle Alpi, che nei secoli hanno saputo affrontare sfide complesse in maniera integrata e sostenibile. Ancora oggi i muretti a secco restano esempi insuperati di alta ingegneria vernacolare, oltre che simbolo di un’identità valligiana pragmatica e sostanziale, ecologica fin dalle sue fondamenta.

Ogni muro richiede tempo, conoscenza, attenzione. In ogni pietra c’è la storia di una vita e la si può leggere nei vigneti della Val di Cembra, nelle zone terrazzate della Valle dei Laghi, sui pendii assolati dell’Altopiano del Bleggio, tra i castagneti e gli olivi del Garda. Muri costruiti a mano, senza malta, tenuti insieme solo dall’incastro sapiente delle pietre e dalla volontà di restare, di custodire e prendersi cura della propria terra.

Muretti a secco in Trentino

Il principio della cura

La tecnica del muretto a secco viene tramandata da generazioni: si tratta di scegliere le pietre giuste, incastrarle, bloccarle con piccole schegge di roccia infilate fra l’una e l’altra e poi su, strato per strato, ciascuno di spessore e altezza definiti da anni di esperienza. Eppure, il segreto che davvero permette loro di resistere, eterni nel tempo, è la cura.

Costruire un muretto è una promessa: osservarlo, aggiustarlo, curarlo per sempre. Si torna, si controlla, si sistema una pietra caduta, si tolgono edere o muschi troppo invadenti, ma si lascia anche che crescano le piante, amiche preziose per i molteplici animaletti che trovano rifugio nei pertugi lasciati fra le pietre. È la storia di una relazione costante e continua. È un amore che non si basa sul gesto eroico, bensì sull’attenzione quotidiana di chi in montagna lavora e vive.

Camminare tra i muretti a secco, fotografarli, anche solo notarli, è un modo per entrare in questo racconto. Un modo per dire: sì, ci sono anche io, a prendermi cura di questa terra, dove bellezza e fatica, coraggio e responsabilità si tengono per mano.

Muretti a secco in Trentino

I "pastini"

“La chiamano agricoltura eroica, ma noi non siamo eroi, siamo contadini. E un contadino sa bene che per coltivare c’è bisogno di terra orizzontale. Noi abbiamo solo montagne appuntite, così abbiamo pensato: facciamo una scala gigante e su ogni gradino piantiamo vigne e pomodori, meli e patate… non c’è tanto da fare gli eroi, basta solo rimboccarsi le maniche”, così scherzano i nonni, raccontando del duro lavoro che ha disegnato sui ripidi pendii alpini chilometri e chilometri di terrazzamenti. Ciascuno di essi è sorretto da muretti a secco, contenitori di terra e di memoria, mutevoli ma volenterosi nel tenere in equilibrio un paesaggio costruito con fatica e rispetto. E sembrano davvero, a vederli da lontano, scale di giganti, ondulate e sfumate dalla bruma dell’alba, rigogliose di piante e di frutti.

La Val di Cembra, con i suoi oltre 700 chilometri di muretti a secco, è uno degli esempi per eccellenza di questa incredibile strategia di adattamento. La montagna diventa un giardino verticale, profumato da ettari di vigne. I terrazzamenti qui - come anche in Val di Non - si chiamano pastini, termine dialettale probabilmente derivato dal latino pastinum, uno strumento agricolo simile a un piccone, usato per dissodare e lavorare il terreno.

La comunità locale, consapevole dell’immenso valore culturale, paesaggistico ed ecologico di questa architettura rurale, ha deciso di non lasciare che il tempo cancelli secoli di conoscenza e fatica: accanto al lavoro dei contadini, oggi si muovono volontari, associazioni ed enti pubblici. Le iniziative proposte sono molteplici: percorsi culturali, corsi di formazione con le scuole e con i turisti, oppure reti di cantine famigliari come Cembrani DOC, che lavorano insieme per valorizzare il territorio, le persone e i prodotti locali. L’architettura, l’agricoltura e la cultura dei pastini sono eredità e scelta di futuro.

Muretti a secco in Trentino

Edilizia, ecologia, fertilità

A prima vista, i muretti a secco sembrano semplici elementi funzionali: servono a reggere la terra, a contenere i versanti, a delimitare campi. Ma i muri di pietra uniscono agricoltura, paesaggio, biodiversità e cultura locale. Sono ecosistemi in miniatura, dove natura ed essere umano coesistono e si supportano a vicenda: insetti, rettili, anfibi trovano riparo in questi microhabitat sicuri e al contempo li mantengono puliti e vivi.

I muri a secco contengono il terreno senza impermeabilizzare il suolo e svolgono quindi un ruolo fondamentale nella prevenzione di frane ed erosione. Trattenendo l’umidità, in un contesto sempre più afflitto dal riscaldamento globale, creano anche condizioni microclimatiche utili a combattere la siccità e a tutelare l’agricoltura.

Muretti a secco in Trentino

Un futuro ad alta tecnologia

La storia dei muretti a secco continua ad evolversi. Nel 2013 è nata la Scuola Trentina della Pietra a Secco, istituita dall’Accademia della Montagna, che offre corsi pratici e brevetti per formare professionisti, artigiani e operatori rurali dedicati al restauro e alla manutenzione di queste strutture.

Grazie a collaborazioni con la Fondazione Mach, le Comunità di Valle e le Province, il sapere antico viene oggi affiancato da tecniche digitali avanzate come droni, GIS e mappature satellitari, usati per monitorare la stabilità e il degrado dei muretti. Bandi provinciali e programmi di sostegno agli agricoltori che ripristinano muretti a secco testimoniano l’impegno istituzionale verso un’agricoltura sostenibile e di tutela della biodiversità, mentre kit didattici portatili come il “Petra box” promuovono l’educazione delle scuole e delle comunità, facendo dialogare manualità pratica e tecnologia informatica.

Nell’era della climate-smart agriculture, i muretti a secco si confermano simboli di resilienza, dimostrando come  le tecnologie moderne possano rafforzare e valorizzare saperi ancestrali, per far fronte in maniera propositiva e sinergica alle sfide del presente.

Muretti a secco in Trentino

Un modello esistenziale

Io ci sono. Questo è ciò che dice un muretto a secco ben curato. È eredità viva, segno di paesaggio coabitato, di un territorio vissuto e mai abbandonato.

Nel 2018, l’UNESCO ha riconosciuto l’arte dei muretti a secco come patrimonio immateriale dell’umanità. In Trentino, questo riconoscimento è celebrazione del passato, ma soprattutto motivazione per il presente. In un mondo che corre sempre più veloce verso il consumo usa e getta, dove tutto dura il tempo di un click o di una moda, queste pietre in equilibrio, legate l’una all’altra e al mondo di cui sono parte, ci ricordano quanto può la forza dei legami. Sono un invito a rallentare, a prenderci cura, a costruire solo ciò che possiamo alimentare con amore costante.

In una società che spesso celebra l’effimero e il sostituibile, i muretti a secco si ergono come simbolo di resistenza, di armonia tra essere umano e natura, di sintonia con i tempi della terra.

È un modello che abbraccia la lentezza non come limite, ma come risorsa. È un modo di vivere che riconosce il valore della pazienza e della cura. Sono pietre che parlano di alleanze e di possibilità, di passione e ingegno. Ci ricordano che un gesto d’amore vale solo se è ripetuto nel tempo, in una ritualità che si rinnova di continuo, con semplicità e audacia.

Veröffentlicht am 01/08/2025