Pascoli, malghe e tradizioni

Il presidio della montagna

 

Alpeggio

 

 

L’alpeggio

L’alpeggio è il simbolo di un paesaggio che non resta mai fermo: si innalza, si ritira, respira con le stagioni. È la traccia viva del cambiamento, dove natura e cultura si incontrano ogni estate e poi danzano, cercandosi nel freddo dell’inverno, rincorrendosi l’una con l’altra in attesa della bella stagione.

I cieli sono punteggiati di nuvole spumose di primavera. L’ultima neve si scioglie e i fiori occhieggiano dai greti dei torrenti che corrono allegri verso valle. A salire, invece, sono i pastori. Vanno all’Alpe, tra le canzoni d’un tempo e il sottofondo dei campanacci. Un cane abbaia ogni tanto, per compattare il gregge.

L’alpeggio è una pratica antica, che nei secoli ha plasmato il Trentino e le sue montagne, dalle valli alle cime. È un movimento millenario, ma ciclico: l’ascesa verso l’alto, alla fine della stagione fredda e poi la discesa in autunno, con capre e mucche ben pasciute, profumate e sane dopo mesi fra l’erba genuina e l’aria pura delle quote. I passi dei pastori e dei loro animali abitano il paesaggio, lo plasmano, lo custodiscono. Attraversano le stagioni e disegnano i pendii, costruendo l’identità delle comunità montane e prendendosi cura dei versanti alpini.

Nell’alpeggio, il paesaggio alpino si manifesta nella sua forma più dinamica: un equilibrio in continua evoluzione, un luogo vivo, fatto di gesti, fatiche, relazioni, culture.

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Ambiente

 

 

Ambiente

L’alpeggio, detto anche monticazione, inizia quando la primavera cede il passo all’estate: è allora che le mandrie risalgono i pendii alla ricerca dei pascoli alti. Un moto ascensionale che segue il ciclo della vegetazione e le antiche regole della transumanza.

Si tratta di un movimento che ha origine da finalità pratiche: permettere agli animali, a lungo rinchiusi nelle stalle, al riparo dalle intemperie invernali, di rigenerarsi e rafforzarsi, passando le giornate al sole e nutrendosi di erbe fresche e sostanziose. Ne deriva un incremento della qualità dei prodotti caseari, che grazie anche all’uso del latte crudo e di pratiche artigianali consolidate, assumono sapori speziati, radicati profondamente nel territorio che li genera.

Ma l’alpeggio garantisce anche la manutenzione del paesaggio: senza il pascolo, i versanti si inselvatichiscono, i prati si chiudono, il rischio di incendi e frane aumenta. L’alpeggio mantiene percorribili sentieri e radure, rendendo accessibili anche in inverno – sotto la neve – i pendii che d’estate sono stati battuti da zoccoli e bastoni.

Val di Non - Malga Preghena di Sotto - Mucche al pascolo

Casa

 

 

Casa

In Trentino oggi contiamo circa 600 malghe, ma soltanto la metà è attiva e a produrre formaggi sul posto ne resta appena qualche decina - le altre trasferiscono il latte nei caseifici di valle. Queste strutture, ricoveri di pastori e animali, segnano le tappe dell’alpeggio, adattandosi alle esigenze della quota. Tra i 900 e 1300 metri abbiamo le malghe di bassa quota, edifici in pietra e legno con la stalla e l’abitazione del malgaro.

Vi si svolge la mungitura quotidiana, il latte viene trasformato in formaggio e sono il cuore pulsante dell’alpeggio estivo, punto di connessione tra agricoltura, natura e cultura enogastronomica. Man mano che si sale, la vegetazione si dirada e le strutture si fanno più spartane e isolate, ma fino ai 1900 metri si trovano ancora malghe d’alta quota, incastonate fra rododendri e praterie fiorite. Le aree di pascolo sono aperte e meno frequentate, le attività si concentrano sulla mungitura e l’assistenza al bestiame - e solo quando possibile la produzione casearia avviene sul posto.

Oltre i 1900 metri, c’è spazio solo per i pascoli alti ed eventualmente per qualche baita o bivacco, dove per brevi periodi, pastori e pastore possono trovare un rifugio spartano, ma sicuro. Sono luoghi di quiete aspra, affilata dai venti di montagna e dominata dalle praterie alpine. Qualche traccia di sentiero e poi soltanto l’immensità del cielo proprio lì, a un passo da noi.

Da Malga Stabli verso Malga Bronzolo | © APT Valli di Sole, Peio e Rabbi

Capitale umano

 

 

Capitale umano

A salire all’Alpe sono le persone. Nelle loro bisacce portano saperi antichi, storie di fatica e di cura e conoscenze profondamente radicate nel territorio. Un tempo il mestiere del malgaro si tramandava di padre in figlio, tessendo un filo che univa generazioni e raccontava il senso stesso della montagna.

Oggi, pur cambiando, questo legame non si spezza: molti giovani, spesso formati in agraria o zootecnia, scelgono di avvicinarsi all’alpeggio con nuova consapevolezza, riscoprendo un lavoro che è fatto di gesti, attenzione e responsabilità verso l’ambiente.

Sono loro il respiro vivo di queste montagne, che custodiscono e rinnovano una tradizione millenaria, dando voce a un paesaggio che non smette di raccontare. Sono persone che si fanno portavoce di un’economia fatta di dignità e qualità. Con il loro lavoro, tengono aperti sentieri di cultura e futuro, mescolando tradizione e innovazione proprio lassù, dove l’abbraccio di cielo e terra dà respiro alle vette.

L’Alpeggio in Trentino: Natura, Cultura e Tradizione

Identità e relazione

 

 

Identità e relazione

L’alpeggio in quanto patrimonio culturale e umano diviene esso stesso una memoria vivente. È scritto nei nomi delle malghe, nelle architetture di pietra e legno, nei dialetti che distinguono erbe e campanacci, nei calendari delle feste che scandiscono il tempo delle stagioni. Le comunità di montagna si riconoscono in questo ciclo, in questo luogo “vissuto” e condiviso, che si rinnova ogni anno come un rito.

Il Trentino lo sa bene, e da tempo sostiene la monticazione con bandi e incentivi, valorizzando le malghe non solo come aziende agricole, ma come veri e propri presìdi culturali. Grazie al dialogo tra pastori e visitatori, le malghe e i pascoli diventano luoghi di incontro e di scambio. L’alpeggio è la relazione fra le persone e con i territori; un rapporto basato sul rispetto, in cui essere umano e natura dipingono insieme l’anima del territorio.

In un tempo in cui la crisi climatica e fenomeni come lo spopolamento da un lato e l’overtourism dall’altro affliggono le nostre Alpi, dare la giusta dignità e garantire l’adeguato supporto alla pratica dell’alpeggio, significa immaginare un futuro in cui montagna e comunità possono continuare a crescere insieme, seguendo il ritmo dei passi e delle stagioni.

Le vie dell’Alpe sono sentieri di fruizione dolce della montagna, in cui l’essere umano è viandante e abitante, solido e premuroso, disposto a fare fatica, ad ascoltare e ad apprezzare la genuinità di un bicchiere di latte schiumoso sorseggiato lì, fra le capre e il calore della condivisione.

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Pubblicato il 07/07/2025